Beni Culturali e Fund Raising: connubio pubblico-privato e innovazione driver della crescita di Urban Vision, che chiude il bilancio 2016 con un + 64%

32.644.000€ di fatturato nel 2016 (+ 64%), con un EBITDA di 3.545.560€, cresciuto del 64% rispetto all’anno precedente ed un ROE del 49% Questi i numeri del bilancio 2016 presentato da Urban Vision, società leader nei restauri sponsorizzati, divenuta in poco più di dieci anni capofila di un intero settore e portavoce di un modello di business, basato sulla mediazione tra Istituzioni pubbliche e investimenti privati nel campo del fund raising per il recupero dei beni culturali.

A determinare il successo di Urban Vision un know how tutto Made in Italy, unito alla costante innovazione perseguita dall’azienda, impegnata anche in campagne cross-mediali di grande impatto e in iniziative di social responsibility, una su tutte l’avvio della partnership con la start up pavese Anemotech, produttrice del tessuto mangia smog The Breath, che Urban Vision sta adottando su tutti i propri impianti, con l’intento di contribuire alla tutela dell’ambiente.

“Siamo estremamente soddisfatti di questi risultati – ha commentato Fabio Mazzoni, Amministratore delegato di Urban Vision. I numeri confermano che la strategia e le scelte condotte sin qui dall’azienda sono vincenti in termini di offerta, creatività e innovazione. E’ stata evidentemente premiante la capacità di creare sinergia, in maniera affidabile ed efficace, tra attori diversi in favore di un unico obiettivo: ridare lustro ai tesori dell’arte nazionale”.

“Chiudere il 2016 con il segno più e un utile netto di 1.375.345€ – ha chiosato Mazzoni – ci stimola a proseguire in questa direzione anche nel 2017, puntando a rafforzare la posizione che negli anni ci siamo guadagnati in Italia e nel contempo ad espanderci all’estero. Tra gli impegni del prossimo semestre, infatti, c’è anche quello di allargare ulteriormente l’ambito operativo ed approdare su nuovi mercati, principalmente in Europa, consolidando di pari passo l’attività esportata già da qualche anno in UK”.


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